L’Archè e l’Archetipo nella Filosofia Presocratica
Arché è termine greco che significa “principio”, “comando”, “potere”. Nella filosofia presocratica designa il principio unico a cui tutte le cose sono “asservite” ed entro cui ogni cosa vive la sua dimensione.
L’arché è l’identità del diverso, inteso come principio unico ed eterno (incorruttibile) di cui ogni cosa è costituita, pur nella diversità di ciascuna sostanza terrena.
“L’arché dunque non solo è ciò che vi e di identico nelle cose diverse, e non solo è la dimensione da cui esse provengono e in cui esse ritornano, ma è anche la forza che determina il divenire [il mutare] del mondo,ossia è il “principio” che, governando il mondo, lo produce e lo fa tornare a sé.” (E. Severino, la filosofia antica).
Archè: è il principio del mondo
Tipico della filosofia è il desiderio di andare “oltre” l’esperienza per comprendere le cause della realtà.
Una di queste cause, nell’era della filosofia presocratica,è l’archè : una realtà che, oltre la molteplicità del mondo permane unica ed eterna.
L’archè è la materia dalla quale tutte le cose esistenti derivano e dipendono, nonché la forza o legge che spiega la loro nascita e la loro morte.
ARCHÈ : è la ricerca del principio unificatore
Verso il VI sec. a.C., si sviluppo nella Ionia una fiorente civiltà. Con il rapido sviluppo delle forme politiche demografiche, lo sviluppo delle tecniche, i contatti delle civiltà del vicino Oriente, l’allargarsi della mentalità della popolazione, si elaborò una nuova cultura in cui si liberava delle credenze mistiche e religiose per dare più spazio all’osservazione dei fenomeni naturali.
Il pensiero dei primi filosofi si concentra sul problema della realtà primordiale.Essi si convincono che esiste una realtà unica ed eterna e che tutto ciò che esiste è di passeggera manifestazione.
L’archè(=principio) è la materia da cui tutte le cose derivano e la forza o la legge che spiega la loro nascita e morte.
Da ciò il concetto di l’ilozoismo(=materia vivente) secondo cui la materia primordiale è fornita di una forza propria che la fa muovere, ed il concetto di panteismo(=tutto è Dio) in cui si tende ad unificare il principio eterno del mondo con la divinità.
Tra i numerosi filosofi impegnati nella ricerca dell’archè , i più celebri sono senz’altro quelli appartenenti alla scuola di Mileto. Talete, secondo il quale l’archè è rappresentato dall’umido, l’acqua o più genericamente un fluido; Anassimandro, che individua l’archè nel concetto astratto di indefinito, l’Apeiron; Anassimene, che definisce il concetto di archè attribuendolo all’aria, che secondo il doppio principio di condensazione e rarefazione dà origine alla vita.
ARCHE’ : come principio cosmico Divino
Per i pitagorici i numeri erano principi cosmici divini, “Archè”.
La scienza matematica rappresentava un mezzo di purificazione dell’anima.Si conferiva al numero quindi, un significato mistico, che andava oltre quello scientifico.
La numerologia degli archetipi mette in relazione la disciplina dei numeri con la mitologia. Ciascun numero è una divinità, un Archetipo, correlato all’altro all’interno di un insieme armonico che Jung chiama “inconscio collettivo”. Come in un immenso orologio, i numeri scandiscono il ritmo della nostra vita e descrivono la relazione tra gli eventi e le cose. la mente formula un’idea(archetipo) che mediante il pensiero si manifesta attraverso la volontà .
L’universo è nato dall’idea,archetipo della manifestazione,la mente ha formulato l’archetipo dell’universo,nella mente il pensiero ha preso forma e tramite la volontà di manifestarsi si è condensato come adesso noi lo vediamo e siamo programmati a vederlo e percepirlo.
ARCHETIPO
La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτῦπος col significato di «immagine[modello, marchio, esemplare]»(tipos) «originale»(arché) ed è utilizzata per la prima volta da Filone di Alessandria e, successivamente, da Dionigi di Alicarnasso e Luciano di Samosata.
Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l’idea platonica); in psicanalisi da Jung e altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano;per derivazione in mitologia,si considerano archetipi le forme primitive alla base delle espressioni mitico-religiose dell’uomo.
Gli antichi greci, nel loro tentativo di spiegare e capire l’universo e la natura, inventarono storie, note come miti. Queste favole spiegavano tutto sulle storie degli dei che erano incarnazioni di potenze della natura o altri aspetti di vita sociale. Questi dei avevano difetti umani (avidità, gelosia, collera, ecc…) come anche forze sovrumane. Erano sia corretti tra di loro e con gli esseri umani e sia estremamente trasgressori e imprevedibili. Gli dei greci erano archetipi che rappresentavano aspetti idealizzati del complicato spirito umano.
Nella filosofia e nella teologia antica, la ragione divina che agisce come principio ordinatore dell’universo viene denominata Logos Nel VI secolo a.C. Eraclito fu il primo a usare il termine logos (in greco, “discorso”) attribuendogli i significati di “legge universale del cosmo” e al tempo stesso di “ragione” umana che comprende tale legge e di “parola” che la esprime. Con il primo significato egli intendeva affermare che il mondo è governato da un logos eterno, da un principio divino che produce l’ordine e la trama discernibile del divenire e del quale partecipa la stessa ragione umana: da questo principio, che Eraclito paragona al fuoco perennemente mobile e pur sempre identico a sé, nascono e periscono tutte le cose. Nello stoicismo, che si sviluppò dopo il IV secolo a.C., il logos fu concepito come la ragione che ordina il mondo, la cui dimensione fisica è rappresentata (come già in Eraclito) dal fuoco. Principio attivo dell’universo, il logos appare coincidere con Dio e al tempo stesso come una forza quasi fisica, un soffio divino (o pneuma) che permea e anima tutte le cose. A sua volta la ragione particolare dell’uomo è un frammento di questo logos universale. Nella filosofia neoplatonica, in particolare in Plotino, il logos mantiene la funzione di principio attivo e formativo del mondo, emanato direttamente dall’Intelletto divino. Già prima di Plotino, nel I secolo d.C. Filone di Alessandria aveva utilizzato il logos,nella terminologia di Archetipo, in funzione intermediatrice fra Dio e il cosmo naturale, cercando al tempo stesso di sintetizzare la tradizione ebraica e il platonismo. Secondo Filone, il logos è un’entità intermedia posta tra Dio e la creazione e corrisponde alla Parola di Dio o intelligenza divina immanente al mondo. All’inizio del Vangelo secondo Giovanni, Gesù Cristo è identificato con il logos incarnato; in questo contesto il termine greco “logos” assume anche il significato di “parola di Dio” (reso nella traduzione latina con il vocabolo Verbum), preesistente alla creazione e incarnata nella persona di Gesù. Si dice infatti nel Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Giovanni, 1:1-3, 14).